Le implicazioni del contratto psicologico

Le funzioni e gli obiettivi.

In funzione degli obiettivi che attraverso la relazione ci attendiamo di conseguire, i contratti possono essere classificati come finalizzati a:

  • curare (relazione terapeutica, che utilizza le risorse esterne al Cliente per un obiettivo interno);
  • ottenere un comportamento specifico (relazione di comando, che utilizza risorse esterne al Cliente per un obiettivo esterno);
  • sviluppare le potenzialità (della relazione di insegnamento e/o della relazione d’aiuto, che utilizza le risorse interne del Cliente per un obiettivo esterno).

Tutti i contratti, sul piano formale, hanno un contenuto riconducibile agli obiettivi sopra indicati  (o ad un loro insieme) e definiscono quindi gli scopi, i vincoli e le condizioni di reciprocità. La stessa cosa avviene per il contratto psicologico, con l’avvertenza tuttavia che, mentre nel contratto formale vi è una effettiva coerenza tra il contenuto del contratto, i suoi obiettivi, e le dichiarazioni delle parti, nel caso del contratto psicologico le “intenzioni”, le aspettative, i pregiudizi, le domande inespresse acquistano consistenza o addirittura prevalenza, sino a stravolgere gli obiettivi stessi del contratto formale. Così, ad esempio, è possibile che nel quadro formale di un contratto di insegnamento, il contratto psicologico abbia come contenuto la terapia; oppure che in un contratto di comando, quello psicologico si indirizzi allo sviluppo delle potenzialità. Questi “equivoci”, tuttavia, non vanno considerati una patologia della relazione o un errore presente nel contratto formale: rappresentano invece l’emergere della soggettività che si fa strada attraverso l’obiettività del contratto legale per esprimere aspettative, speranze, intenzioni. Insomma, come sempre, la soggettività, malgrado l’implicita repressione della norma, emerge e connota poi i comportamenti: anche per questo andrebbe ascoltata, capita e dovrebbe dar luogo a regole tra le parti più trasparenti e condivise.

Se dunque le fattispecie contrattuali sopra proposte risultano facilmente riconducibili allo schema indicato, risulta importante approfondirne le valenze ed i contenuti psicologici che possono discostarsi dagli stessi, dando luogo ad evidenti problemi tra le parti in causa. Il contratto psicologico può essere ricondotto alla fattispecie dei contratti promissori, basati non su una promessa reciproca oggettivamente definita e formulata tra le parti, bensì sulla percezione, da parte degli attori coinvolti, di tale promessa. Questa dimensione soggettiva – la percezione – si accompagna alla percezione degli impegni assunti tra le parti, cioè al contenuto della promessa-contratto, dell’attendibilità degli stessi in relazione alle capacità ed alle possibilità degli interlocutori, del realismo della promessa in se stessa e, da ultimo alla fiducia esistente tra gli interlocutori. Una promessa può essere definita come un impegno che un soggetto si prende nei confronti di un altro, oppure come una condizione che fa sorgere delle aspettative tra le parti. Le promesse, generalmente, indicano l’intenzione di far comprendere i benefici a chi le riceve e aumentano la probabilità che, all’interno del contratto psicologico, venga raggiunto un accordo. Esse non comunicano solo impegni e obblighi, ma possono trasmettere anche sentimenti di fiducia che si generano in base al grado di attendibilità attribuito agli impegni assunti dalla controparte. Le promesse costituiscono anche dei meccanismi attraverso i quali i soggetti autoregolano i propri comportamenti per raggiungere determinati obiettivi. Il contratto psicologico, in quanto meccanismo di autoregolazione, motiva gli individui a prestar fede alle condizioni determinate in accordo con altri soggetti.

Infatti, dal punto di vista di colui che promette, ci sono molte ragioni per mantenere gli impegni:

  • fare un accordo significa assumere l’impegno di raggiungere un certo target, chi promette e intende mantener fede all’accordo ha in un certo senso programmato, e quindi accettato, un obiettivo che vuol raggiungere;
  • prendere l’impegno di rispettare un certo accordo, implica anche il considerare la possibilità che l’impegno possa non venire assolto. In tal caso si può percepire una mancanza di coerenza che ha ripercussioni, più o meno rilevanti, sia sulla propria immagine pubblica che, in modo più diretto, sulla sfera personale, in termini di autostima;
  • dichiarare apertamente la promessa fatta, implica che si ha già in mente come realizzare l’impegno preso. Nel periodo in cui si realizza tale impegno è naturale richiamare alla mente l’immagine di se stessi nell’adempimento del compito: una eventuale discrepanza determina un incremento nell’intensità dell’esecuzione al fine di avvicinarsi il più possibile all’ideale immaginario che si aveva;
  • le parti che stipulano il contratto, sono tendenzialmente riluttanti a violare gli accordi perché questo può causare delle perdite, sia di tipo materiale, che in termini di immagine;
  • negli ambienti in cui è maggiormente sentita la necessità di conformarsi alla norma, è più probabile che una promessa sia mantenuta: la pressione derivante dal dover aderire alla norma sociale è infatti un fattore che agevola il contratto;
  • gli incentivi hanno un ruolo complesso nel processo del contratto: accanto agli incentivi utili per stipulare un contratto, vi sono quelli che aiutano a mantenerlo vivo, utilizzati durante il corso dello svolgimento di un lavoro.

Da ultimo, il contratto psicologico rappresenta, in funzione delle rappresentazioni di sé e dell’altro, anche una domanda implicita di cambiamento che il soggetto indirizza al proprio interlocutore, a fronte del quale è disposto ad assumere impegni.

Autore di questo articolo è Giorgio Sangiorgi, Professore di Psicologia delle Organizzazioni e creatore di MITO

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